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Calcio a 5 - Maschile

MIRETTA, UN LIBRO DI STORIA

17/05/2020

83 anni di calcio, passione e...Sequoie


Sono una squadra storica. Hanno in squadra uno dei personaggi più iconici e storici di Sportland. Le Sequoie anno dopo anno stanno scalando la piramide del calcio amatoriale: il doblete della scorsa stagione è la certificazione. Se andiamo a scomporre il successo, tra gli ingredienti essenziali c’è sicuramente Carlo Miretta. Miretta è l’incarnazione perfetta dello spirito del calcio amatoriale: serenità e professionalità, serietà e sorrisi.

 

Presidente Carlo Miretta, come sono nate Le Sequoie?
Il nome deriva dalle celeberrime Sequoie californiane, con il battesimo nel 1997 su un pullman scassato che imbarcava fumo dall’esterno in un interminabile viaggio di 17 ore verso Valencia. A bordo c’erano dipendenti del consiglio regionale lombardo e alcuni consiglieri e assessori di ogni schieramento politico. Con loro un gruppo di baldi sbarbati e meno giovani, che ogni sabato mattina, allora come oggi, si davano appuntamento al campo sportivo di Rogoredo per giocare a calcio e organizzare partite a scopo di beneficenza. Da quel momento in poi, quindi dal 1997, siamo diventati una squadra vera, anzi una vera e propria società.

Degli attuali protagonisti, chi ha partecipato a quella prima storica trasferta?
Su quei sedili sgangherati del pullman in viaggio verso Valencia c’erano gli attuali dirigenti, allora ancora giocatori, come mister Paolo Sensale, in passato esterno di difesa. C’era anche Franco Gregna, centrocampista, oggi team manager e psicologo, per tutti “papà Franck”. Quindi Simone Bavoni, giovanissimo bomber, oggi difensore e capitano. Infine il sottoscritto, stopper con trascorsi giovanili nell’Atalanta, ex-direttore tecnico e oggi, a “soli” 83 anni, presidente della società da un ventennio.

C’è un ricordo particolare che ti lega alle Sequoie?
Valencia ha rappresentato la prima di tante appassionanti trasferte in Italia e nel mondo. Come quella, leggendaria, a San Pietroburgo nel 2001. Addirittura il Corriere delle Sera ne celebrò i protagonisti un po’ stagionati, pur tacendo dei fiumi di vodka che contribuirono a rendere indimenticabile quell’avventura e trascurabile la sconfitta per 4-3 subita dalle vecchie glorie dello Zenith. Tanto che a San Pietroburgo tornammo altre due volte, oltre ad ospitarli a nostra volta a Milano.

Come vi siete poi evoluti?
Nel tempo Le Sequoie hanno assunto un carattere sempre più internazionale. Il forte aumento del flusso migratorio verso Milano ha coinciso con l’ingresso in squadra di tanti ragazzi di nazionalità diverse. Ciò ha convinto i dirigenti a investire sul ruolo sociale di aggregatore delle diversità che lo sport può e deve avere. Sono arrivati quindi giovani da paesi africani, asiatici sudamericani, moldavi, romeni, albanesi…

Siete sempre in prima fila per ogni tipo di iniziativa.
Sì, perché il calcio è per noi da sempre un mezzo per aderire ad ogni tipo di iniziativa solidale: contro la droga, il doping, dentro il carcere milanese di Opera e quello napoletano di Secondigliano, per sostenere progetti di reinserimento sociale dei detenuti. E ancora, da anni, per la sottoscrizione delle Adozioni a distanza proposte dai Salesiani.

Qual è invece la filosofia con cui affrontate da 19 anni i campionati e tornei Sportland?
Dal 2001 le Sequoie competono nella serie A del Campionato Provinciale Sportland, di cui hanno sposato in pieno la filosofia del fairplay, fuori e dentro il campo, il che vale più dei palloni spediti in rete. Insomma, per noi una sfida nella sfida. Perché non è sempre facile da vincere. Ma come recita il motto delle Sequoie, preso in prestito da Pablo Neruda, “se non scali la montagna, non potrai mai goderti il paesaggio”. E dalla cima dei primi 23 anni è già un bel vedere.

Tornando all’attualità, come state vivendo il lockdown?
È dura stare tanto tempo lontano dai campi, visto che siamo sempre stati un bellissimo gruppo dentro e fuori dal rettangolo verde. Comunque in questi mesi di sosta forzata ci siamo sempre tenuti in contatto tramite la chat di whatsapp e in video conferenza, per provare a rivivere, anche se virtualmente, lo spirito dello spogliatoio.

Quando sarà terminata l’emergenza covid-19, come vedi le prospettive di ripresa per il calcio amatoriale?
Abbiamo tutti una voglia matta di tornare in campo, perché ci manca tantissimo il pallone, ma sarà dura tornare a giocare a breve, perché già ci sono mille difficoltà per riprendere il campionato di serie A, figuriamoci per noi amatori. Penso che realisticamente sarà difficile riprendere a giocare in questa stagione. A settembre mi sembra più fattibile, perché sarà giusto riprendere le competizioni solo quando ci saranno le giuste condizioni di sicurezza.

Nel periodo di lockdown stai anche scrivendo un racconto della tua vita, cosa ti ha ispirato?
Ho da poco compiuto 83 anni e approfittato di questo periodo trascorso a casa per fare delle riflessioni e raccontare le mie emozioni su come è cambiata la società dall’immediato dopo guerra fino agli anni 70, perché tanti giovani non riescono neanche a immaginarlo.

 

 

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