CAMPIONATO CALCIO A 5
Calcio a 5 - Maschile

SPORTLAND REWIND: SURREALISMO

26/03/2020

Surabaya-Golden Boys (2016/17) senza logica


La rubrica Sportland Rewind si sposta nel circuito CalcioMilano. Abbiamo deciso di partire subito fortissimo, con una partita che al solo racconto fa palpitare il cuore. Eppure, è solo una piccola accelerazione cardiaca, se si ripensa a quel sabato mattina. «Gli ultimi 10 minuti di quella partita sono stati probabilmente i più assurdi della storia». Surabaya-Golden Boys della stagione 2016/17 è stato uno spot per il calcio amatoriale milanese e non solo.

La racconteremo al presente, perché vogliamo riviverla. Perché alla fine non se n’è mai andata dalla nostra testa: occupa quel cassetto della memoria che viene definita a lungo termine. È sempre lì, sempre a nostra disposizione.

Undicesima giornata di campionato. La terzultima gara è con ogni probabilità la partita scudetto. Si affrontano Golden Boys e Surabaya, le prime due della classe.
La classifica dice:

  • Golden Boys 28
  • Surabaya 27

Quando le due formazioni arrivano al cintato della Masseroni, si può leggere negli occhi dei giocatori la consapevolezza. Anche i protagonisti sanno di trovarsi su un palcoscenico di lusso per la recita più importante. Ora o mai più.
I gialloneri hanno due porte per entrare nella storia, il pareggio e la vittoria. Gli Orange una sola: questa si può trasformare in un portone verso l’Olimpo.

Lo sguardo cinematografico che abbiamo scelto di adottare è una soggettiva. I nostri occhi saranno quelli di Walter Goldoni, che ci aiuterà un passo indietro alla volta. Sarà il nostro Virgilio.

Walter, ricordi come siete arrivati a quella supersfida? 
Premetto che è difficile dimenticare quegli anni e soprattutto quel campionato anche perché è stato uno degli ultimi in cui la nostra squadra si è presentata quasi al completo, seppur con un’assenza particolarmente dolorosa per noi come Michele Carrer, il nostro miglior terminale offensivo. Tuttavia, la vecchia guardia, gli altri componenti della rosa e soprattutto un Perrone straordinario sono riusciti a non far pesare le assenze.
Ma torniamo al match. Noi abbiamo sempre dato il meglio nelle gare di cartello, quando la testa è determinante. Abbiamo sempre dimostrato di non sbagliare l’approccio alla gara. Poi si può vincere o perdere, ma se si parte con il piede giusto è difficile fare figuracce.
Di fronte ci troviamo i Golden Boys, squadra che presenta una rosa con qualità tecniche molto significative e una freschezza fisica non indifferente, visto anche il gap di età rispetto a noi. Tutti elementi che contribuiscono ad aumentare il grado di difficoltà della sfida e la nostra concentrazione.
Nello spogliatoio prepariamo al meglio la gara. Decidiamo di non inventarci nulla e di puntare sulle nostre caratteristiche migliori: compattezza tra i reparti, tattica e qualità tecniche individuali. Il modulo è il 2-3-1: le due linee di difesa e centrocampo devono rimanere compatte per coprire le linee di passaggio e gli inserimenti degli avversari, limitando gli uno contro uno grazie a un sistematico raddoppio sui loro “giocolieri” per poter riconquistare palla e ripartire in velocità, innescando Perrone e lasciando a quest’ultimo più spazio di inventare.

La partita ha dell’incredibile. Golden Boys tiene il possesso palla, Surabaya colpisce. Gli Orange stanno portando a termine un piano perfetto. Il loro assalto alla Banca sta andando a buon fine. A una manciata di minuti dalla fine il risultato è in cassaforte. 3-0. Poi arriva un gol dei brasiliani, che appare innocuo. Nessuno dà peso a quell’evento, che appare estemporaneo e inutile. Quell’imprevisto, però, diventa un punto di svolta vero e proprio. L’arbitro espelle un giocatore di Surabaya e assegna cinque folli minuti di recupero. Cambia tutto. Si capovolgono i rapporti di forza. Da una normale nuotata tra amici che stanno per tornare a riva, ci si trova con la testa schiacciata sott’acqua. È apnea.

Cos’è successo?
Il piano partita sta funzionando a dovere: 3-0 senza soffrire particolarmente, con una concentrazione da Oscar da parte di tutta la squadra. Poi…qualcosa si rompe. La tensione s’impadronisce di noi e perdiamo la freddezza necessaria. Subiamo il primo gol sugli sviluppi di una punizione più che dubbia e lì iniziano quelle scaramucce che sfociano poi nell’espulsione di uno dei nostri (tralascio il motivo…). Perdiamo le distanze e senza rendercene conto subiamo due reti. Ci hanno recuperato. 3-3. Non sembra vero (e invece lo è, perché il cintato della Masseroni si è spostato nel surrealismo, ndr).
Per essere onesto, ammetto di aver chiesto all’arbitro di fischiare la fine più o meno ogni secondo precedente al pareggio. Lascio a voi immaginare le modalità della mia richiesta… Dal campo i minuti sembrano venti anziché cinque.

Quando i brasiliani segnano il 3-3 alcuni tuoi compagni vogliono uscire dal campo. Tu ti imponi: la partita va portata a termine nonostante tutto (manca un minuto). Perché lo fai?
Io non amo arrendermi, anzi. Non getto mai la spugna anche quando qualcosa sembra impossibile. Mi hanno insegnato il sudore, la fatica. E questo è quello che cerco di mettere in campo. Poi nel calcio a 7 può capitare di tutto: certo un gol da centrocampo ad Alvaro Maraschin (portiere dei Golden Boys) magari anche no… Nonostante tutto, però, si deve dimostrare sempre di essere più forti in campo, anche quando fattori non controllabili si mettono contro. Per questo dico ai miei compagni di rimanere (non tutti mi ascoltano visto che alcuni ragazzi della panchina sono già fuori dal campo cintato).

La partita è davvero surreale. Come in un quadro di Dalì non c’è un ordine. È tutto strano al primo sguardo. Eppure se si approfondisce sembra tutto perfetto. Tutto perfetto per passare nella sfera dell’epica.

Walter, siamo a 60 secondi dal triplice fischio. Dai è finita qui.
È l’ultima azione: la tensione è a mille. Giriamo palla e proviamo a imbeccare Perrone con un “ave mary pass” (un lancio lungo disperato, il cosiddetto “passaggio dell’Ave Maria” come dicono nel football americano). La difesa avversaria si alza e lo raddoppia, mettendo il pallone in rimessa laterale. Loro pensano sia finita, mentre io, partendo da dietro, vedo un buco e mi infilo urlando a Dario (lucido, svelto e bravissimo) di darmela. Lui batte la rimessa spedendo la palla in mezzo all’aria e io, in terzo tempo, la giro da sinistra a destra sul palo basso dove Alvaro non riesce ad arrivare… GOOOOOOOOOOLLLLLL!!

Tutto si blocca. Il tempo si ferma. Tutti sono di pietra, come se il regista avesse optato per un fermo immagine. La palla è lì, dentro la porta di Maraschin. 4-3 Surabaya. Ancora una volta non sembra vero, ma è tutto è ancora paradossalmente vero.
Ah, aspettate. Ci sono dei ragazzi che possono muoversi. Hanno tutti la maglia arancione. Corrono, s’abbracciano. Impazziscono. Nel frattempo, l’arbitro fischia tre volte.  

Una grande emozione e una gioia immensa. Poi le risate negli spogliatoi tra me e Dario che ci guardiamo e ci chiediamo come ca**o sia possibile segnare di testa su rimessa laterale da centrocampo…pazzesco!

A tre anni di distanza che effetto ti fa pensare a quella partita? Prevale il senso di giustizia dopo un torto subito o la gioia nel ricordare l’impresa di quello Scudetto conquistato grazie al tuo colpo di testa?
La gioia dell’impresa e aver consacrato in quel modo la grande stagione della squadra è l’unico sentimento che mi pervade in ricordo di quella partita. E poi il torto si dimentica quando si vince, giusto?

 

 

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